lunedì 23 giugno 2014

Una riflessione sulla Vita Agra (parte I)



La Vita Agra è un lapidario e lucido lascito.

Un"Concept Album"da prendere con le pinze. 

Ascoltandolo ripetutamente in tutto il suo disperato sforzo d'onestà intellettuale, rimango catturato dalla determinazione sicura, dedita a svezzare l'egemonica e cortigiana estetica della mondanità. 

Un tentativo di decostruzione incarnato nella denuncia più amara e tagliente.
Quarantasei minuti dediti a stigmatizzare le solite quattro bugie per sentirsi meno soli. 
Un testamento proiettato attraverso un funambolico cammino ricolmo di volontà, voluttà, ma sopratutto ansie e paure. 

"La Vita Agra" rimane imprigionata prepotentemente nelle nostre mancanze o nel misero voto alla disattenzione, tendenza bieca e astringente che nel contingente sta mutando viscidamente in aspirazione. 

Come non essere d'accordo, ma sovvengono dei limiti, dettati a tratti da un'autoreferenzialità necessaria si al cantautore, ma a mio avviso deleteria ad alcuni aspetti dell'opera.

Sviscerando le canzoni, si può tranquillamente capire che La Vita Agra non si limita alla presa di posizione che l'autore palesa con vitalità, un valido punto di forza, indubbiamente, ma niente di trascendentale se l'interpretazione si ferma a un primo superficiale stadio di teoresi:


La parte più semplice e immediata, parafrasata appositamente e goliardicamente in un tono tra l'irrisorio e il grave (Perdenti più Sani) porta con sé nella rivendicazione del non-valore di modelli attualissimi, come la non-cultura dell'aperitivo, un funesto senso di sconfitta.

Questa scelta del denunciare quel filone ironico e pregno di un cinismo da quarta elementare, utilizzando un linguaggio che per simbolismo e tonalità, porta l'ascoltatore in un sabato sera dentro un localino caleidoscopico, non mi ha convinto poi molto, poiché mi pare distaccarsi dal criticismo più intimo e profondo rintracciabile nel resto del disco. 

Il punto debole del lavoro l'ho trovato in questo parlare come chi, parla del nulla, dando però un valore aggiunto a tutto questo nulla e rendendolo dunque difficilmente riconducibile al suo "Stato/Status Sociale". 

Il fenomeno "hipster" o come cazzo volete chiamarlo (a me non interessa), è una stronzata a livello tematico.
Mi viene da pensare a "Tu Menti" dei CCCP, quando Giovanni Lindo Ferretti cantava ai Punk londinesi:

"Io sono l'Anarchia" 

"ecco un altro Anticristo" 
ma eri solo carino proprio carino, 
pigro di testa e ben vestito, 
senza i blue jeans eri carino,
proprio un amore di ragazzino

Nulla di nuovo, insomma.



La peculiarità estetica del lavoro, quella meno immediata, la trovo nell'emancipazione irruenta dell'album dalle possibilità interpretative dell'ascoltatore, una straordinaria possibilità di vivere un'autonomia. 

Sembrerà idiota, prima avevo usato il termine testamento non casualmente: La Vita Agra sembra trovare un'identità ben più forte e monumentale nel distacco da Emiliano.
Ciò è dettato da un'ambiguità veramente interessante: 

Orsòminòre con fare acuto, si pone all'ascoltatore da un punto di vista forte, saldo, ma che non va mai a sfociare nei cliché. L'autoreferenzialità da me denunciata unicamente per il pezzo "Perdenti Più Sani", nel resto del disco assume una forza imponente danzando in divergenza dai classici meccanismi del raccontare dal proprio punto di vista, i propri "Privati" e futili tarli. 


Nella Vita Agra questa differenziazione è intrisa nella parola, ripetuta spesso: 

VOI.

Ed io al "Voi" associo il "Noi".

Le parole di Emiliano seminano una barricata virtuale e per ascoltare nel profondo il disco, dobbiamo con doloroso assenso, immergerci nella "Sua Realtà" che poi tanto sua non è-

Dunque La Vita Agra parla di un uomo, non narrando di un uomo. 

Si allontana dal singolo inglobando tramite il Voi/Noi uno Status Quo.
L'impatto testamentale rende il tutto una sorta di Manifesto.
Manifesto che riesce a trovare una propria identità stabile attingendo a un implacabile carisma sovversivo scevro d'ogni sorta di costume.
La Vita Agra è spogliarsi, per poi renderci conto a conti fatti, di quanto laidi i nostri abiti possano essere.

Ritengo sia un qualcosa veramente raro da trovare in musica.


lunedì 15 ottobre 2012

In Taglio Netto



Questa è la recensione del mio ultimo libro di poesie da parte del Prof.Marzocchi. Uscirà nei prossimi mesi in collaborazione con Il Cuneo editore per gentile concessione di: Roberto Menestrelli, Siriano Marzocchi e Virginio Sasso. 
Il Cuneo editore si occuperà della tiratura e della diffusione nazionale dell'opera tramite librerie e rivenditori online.  Un grazie di cuore a tutti.
Andrea Zanda



Un effetto severo, corale, che chiama ad una riflessione etico-esistenziale, dove la dinamica ontoteologica assume il carattere portante, in guisa da svelare sinergicamente un mondo falsificato dalle scusanti meccaniche e ornamentali.
Andrea Zanda destrutturandoci nel profondo con una vivida movenza astratta, percuote le più intime corde della nostra coscienza. Un assenso nerboruto, incisivo, imponente per  l’enorme sensibilità estetica e la prelibata scelta filologica, capace di costruire e progettare un’incudine di suggestioni.
Le sottili allegorie nascoste dentro una forma attenta alla coerenza della rappresentazione, mobiliteranno il lettore verso un’esplosione, una catarsi depositaria del più intimo senso e di una riflessione che percuote lo spirito…in taglio netto.
Siriano Marzocchi.